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DI VENTO E D'ACQUA di Rosa Tuccio, recensione a cura di Floriana Ciccaglioni

Autore: Rosa Tuccio

Titolo: Di vento e d'acqua

Edizione: Luigi Pellegrini Editore

Genere: Raccolta di poesie

Data di pubblicazione: 2013

Pagine: 113

Nel 2013 viene data alle stampe l’ultima raccolta di poesie della calabrese Rosa Tuccio “di Vento e d’Acqua”, Luigi Pellegrini Editore.

Sin dall’inizio della lettura si riesce a cogliere la ricercatezza del lavoro dell’autrice che incornicia i versi con una prefazione dal sapore etereo grazie alla mano di Giovanna Mulas, capace di creare un’eterna poesia nella quale i versi sono tradotti in prosa. Rosa Tuccio riporta nel verso libero i sentimenti, le emozioni e gli stati d’animo, affidandosi al potere evocativo delle immagini partorite dalla sua penna. La raccolta presenta diverse chiavi di lettura, dall’aspetto simbolista fino a quello ermetico. Ecco che i testi oscillano tra la tensione alla libertà espressa dal vento e la necessità di mantenere una stabilità costante espressa dall’acqua, entrambi personificati nel titolo. Ma l’aspetto predominante risulta essere quel lato oscuro che acquista tonalità gotiche e addirittura noir che finiscono per essere rischiarate da una luce calda e accogliente tanto da ribaltare i toni cupi.

Legati da un tema ricorrente che è quello dell’amor mortis, serpeggia tra i versi dell’intera raccolta un profondo dolore che l’autrice porta con sé, dentro di sé, nel ventre. Il dolore della morte che però, in una prospettiva tutta positiva, spinge verso una difficilissima rinascita. Ponendo uno sguardo costruttivo sui testi, Tuccio esprime la consapevolezza dell'amore per la morte, cioè l’impossibilità di sconfiggere definitivamente la tragedia dell’abbandono eterno cercando, invece, di elevarlo a limite che conferisce significato alla vita stessa e, anzi, ne diviene peculiarità. Soggetto del dolore sarà proprio l’autrice che descrive la perdita. Ma dallo stesso ventre si genera l’amore per una nuova vita. Soggetto dell’amore sarà sempre l’autrice, questa volta nei panni di madre. Il nome che Tuccio affida alle sei sezioni in cui ripartisce le sue ottanta poesie segnano il percorso di morte e rinascita. Si parte dalla prima Mute nella quale predomina un’atmosfera silente e fluttuante, dove la leggerezza del volo prepara all’atmosfera decisamente profonda della seconda Ai sepolcri.

Segue l’eterna malinconia di Gridi rossi nella quale l’accettazione dell’abbandono aumenta la consapevolezza di una futura rinascita. Con Tra cielo e terra si respira un’aria fresca e nuova, dove il ventre femminile assume le fattezze del fiore, un ventre che genera amore. Per finire con le ultime due Amabile fuori tema e Nel cuore agitato da venti nelle quali si attua la chiusura positiva del lungo viaggio. La scrittura di Rosa Tuccio esercita un fascino che ha a che vedere con le ragioni imperscrutabili dell’impossibilità di vivere che si esplicano nel conflitto vita-letteratura. La poetessa fa coincidere la realtà più intima dell’uomo con atteggiamenti tutti esteriori.

All’interno della raccolta si scorge, quindi, quell’indistruttibile legame tra la scrittura e l’io lirico, che cerca di raggiungere le più profonde radici dell’essere.

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